Come tutti i forti italiani era costruito da un buon spessore di cemento magro impastato con ghiaia grossolana, ma senza armature in ferro. Una soluzione molto 'economica', vista la grave crisi finanziaria del tempo.
La costruzione, a fronte delle mastodontiche granate da 305, 380 e addirittura da 420, si rivelò, ancor prima di essere pienamente operativa, assai fragile. Ancor più fragili erano le cupole girevoli d'acciaio, piuttosto basse, dei cannoni, completamente inadatte a sopportare i tiri parabolici. Il grosso vantaggio del Verena era nella stupenda posizione geografica, molto alta rispetto ai dirimpettai forti Vezzena e Luserna, quindi difficilmente centrabile. Ma anche questo aspetto fu prontamente smentito.
Soprannominato il 'dominatore dell'Altopiano', sparò il primo colpo -24 maggio 1915- che sigillò l'ingresso dell'Italia in guerra.
Difficile da colpire, fu l'unico che svolse un ruolo importante e destabilizzante coadiuvato dalle potenti batterie di cannoni posti nelle immediate vicinanze. Operò da protagonista con tutta la potenza di fuoco nel pirotecnico primo mese di guerra denomitato 'la guerra dei forti'.
Fu colpito numerose volte con gli Skoda da 305 piazzati sul Vezzena e a Millegrobe e quasi completamente distrutto. In particolare un proiettile fortunosamente penetrò nel foro di una cupola divelta, forò il primo pavimento e scoppiò nella parte più interna del manufatto provocandone lo sventramento. Nell'episodio perirono una cinquantina di soldati.
Subito dopo il primo mese di combattimenti e nell'inverno 1915/16 venne rudimentalmente restaurato, ma non svolse più ruoli di primo piano. Venne nuovamente preso di mira e praticamente demolito durante le fasi preparatorie alla Strafexpedition.
Con la spedizione di primavera (Strafexpedition) venne occupato dalle truppe austriache fino al termine del conflitto ed utilizzato come osservatorio.
Ora i ruderi sono visitabili e si trova sulla stazione di arrivo della seggiovia. E' raggiungibile, in bici o a piedi, con una bella stradina sterrata che sale alla Croce del Civello e al Bivio per malga Quarti. Circa due ore, a piedi, da malga Campovecchio.